WELFARE
Una parte del denaro sintetico si dovrà utilizzare
per rinforzare, e si potrebbe dire quasi rifondare, il cosiddetto welfare,
che in lingua italiana (in mancanza di un auspicabile termine apposito)
possiamo chiamare Stato sociale. Molti servizi assolutamente essenziali – scuola,
sanità, giustizia, polizia, asili-nido, assistenze di ogni tipo – e molte
produzioni (tipicamente i lavori pubblici) non possono essere gestiti
attraverso il mercato, in quanto i soggetti che ne hanno maggior bisogno sono
proprio coloro che non possono pagarli. Inoltre la più gran parte di questi servizi ha
natura infrastrutturale, e non può essere appropriatamente impostata su base
volontaria, né frammentata in porzioni individuali, né pagabile singolarmente
all’atto dell’utilizzo: ad esempio non è documentato un esempio di Società
nel quale chi vuole il servizio dei tribunali li compra e li paga, e chi non
lo vuole non li compra e non li paga. La natura sociale dei detti servizi è palesata in
maniera evidente dalla situazione nella quale essi versano laddove una
qualche posizione di principio impone di esplicarli ad ogni costo attraverso
il mercato. Il mondo moderno ha bisogno, in misura crescente,
di servizi di questo tipo, aperti a tutti, i quali debbono essere molto
maggiori in quantità e qualità rispetto alla situazione attuale, e sviluppati
con il massimo dell’efficienza. Affermazione che può essere corroborata da quattro
considerazioni: 1)
Già soltanto ai fini della massimizzazione del PIL,
la strada della soppressione del welfare è una falsa pista. Al contrario è prevedibile un futuro contrassegnato da una
estrema espansione dello Stato sociale. È la conseguenza logica diretta e necessaria del tema
fondamentale di questo scritto: se il Capitale è
stato accumulato, si dovrà utilizzarlo. 2)
Se lo scopo della Società (e dello Stato non
feudale) deve essere il benessere di tutti i cittadini, e non soltanto di una
minima parte di loro, la quantità e la qualità di tali servizi possono essere
considerate come una misura dell’efficienza dell’intera Società e, per certi
versi, del suo grado di civilizzazione. 3)
In questo campo ci sono infinite possibilità di
accrescimento del PIL e di un grandissimo fervore di attività, quali
non si riesce a immaginare nel mercato circostante, nemmeno se avesse a
disposizione tutto il denaro. 4)
Nel welfare debbono essere incluse, perché non può
essere altrimenti, le attività esplicite di protezione e di bonifica
dell’ambiente in senso lato. È fuori di dubbio che finanziare per intero un
welfare di altissimo livello per via fiscale sia piuttosto proibitivo in un
mondo globalizzato, soprattutto se il Capitale non è
scarso:
la pressione diventerebbe troppo elevata e la competitività internazionale
del Paese ne resterebbe vulnerata. Vice versa, sacrificare il welfare alla
competitività corrisponde, alla lettera, a vendere sul mercato internazionale
le sofferenze ed i disagi della propria cittadinanza: cosa che molte volte è
inevitabile, molte altre evitabile. Le due istanze si possono conciliare agevolmente
attraverso la moneta sintetica: sarebbe possibile fare scelte anche
costosissime di welfare il cui pagamento andrebbe a carico della produzione
latente statica, ossia di impianti produttivi che altrimenti il mercato
lascerebbe fermi ed inutilizzati. I servizi dello Stato sociale richiedono
soprattutto manodopera; ma anche molte merci aggiuntive (macchine, servizi,
beni materiali) che il mercato, con molto vantaggio della sua fisiologia,
sarà chiamato a produrre. Il lettore rammenti un principio generale: se – per qualsivoglia ragione – la
produzione finale aumenta, ed il prodotto incrementale può essere utilizzato
appropriatamente, si è conseguita una crescita reale altrettanto
grande. |
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