LA CRISI METABOLICA DEL CAPITALISMO E
infatti, nel corso degli anni ’80 del ventesimo secolo la difficoltà divenne
manifesta: nelle condizioni reali del mercato accade che la capacità
produttiva cresce molto più rapidamente della capacità di vendita, cosicché
alla fine del decennio (grazie anche al progresso tecnico ed organizzativo)
le imprese si trovarono ad avere più capacità di produzione di quanto
potessero sperare di vendere, e pertanto scomparve la necessità degli
investimenti espansivi. Ebbe
così termine il ruolo propulsivo della “pompa aspirante”, la quale continua
ad operare in altre parti del mondo, ma non più in Occidente. Si è
soliti associare questa crisi agli eventi finanziari del 2007, ma essa ha
origini più lontane, che si possono anticipare di circa venti anni. Essa può
essere correttamente considerata una crisi metabolica del Capitalismo:
consiste in sostanza nel blocco (definitivo) del finanziamento spontaneo
della domanda, blocco causato dall’abbondanza (relativa) dei mezzi di
produzione ed in particolare del Capitale fisso. Parliamo
di blocco definitivo perché le macchine e gli impianti sono sempre più
efficienti e flessibili con il passare del tempo e con l’avanzare del
progresso tecnico, ed hanno un costo specifico decrescente in rapporto alla
capacità di produzione: sicché non si vedono ragioni perché la loro
abbondanza relativa possa diminuire spontaneamente. La
definizione matematica della crisi metabolica è lievemente più complessa ma
il principio è semplice, e non è dissimile da quanto accade negli esseri
viventi quando, raggiunta l’età matura, il meccanismo di crescita si arresta. In
generale ogni processo di espansione ad andamento esponenziale tende a
rallentare o ad arrestarsi appena il suo meccanismo di retroazione incontra
un limite. Il
fenomeno fu accompagnato da un sintomo infallibile: una eccezionale
espansione della produzione e del consumo delle merci di lusso che ha sempre
accompagnato, storicamente, l’impossibilità o l’inopportunità di investire. Il
Sistema, avvezzo a ignorare senza analisi ciò che accade, soprattutto in
economia, reagì con una fortissima pressione sugli Stati affinché essi
immettessero pro tempore nel mercato delle merci il denaro che le
imprese non immettevano più. Siccome
le cause della crisi metabolica sono storiche, la temporaneità divenne
permanenza, e si giunse ad un’esplosione forse senza precedenti del debito
pubblico, il quale in passato era già esploso più volte per molte altre
ragioni, del tutto differenti. Tuttavia
il debito pubblico e privato esplode sempre se ciò che è stato supposto
temporaneo diviene permanente, ed il tasso di interesse è positivo. Il
meccanismo metabolico del Capitalismo, come quello di qualsiasi organismo che
raggiunge il picco della sua crescita, dovette arrestarsi e anzi, in assenza
del supporto finanziario dello Stato, avrebbe cominciato a catabolizzare, ed
il Sistema avrebbe cominciato a contrarsi proprio a causa dell’imponente grandezza
relativa della sua capacità produttiva. Qualsiasi
ulteriore sviluppo, possibile a condizione che si riduca la violenza
sull’ambiente esterno, da oggi in poi non sarà più spontaneo e non sarà
propriamente metabolico, ma avrà un metabolismo forzato. In ogni
modo la salvaguardia ambientale, anche presa in sé stessa, è un fattore
propulsivo considerevole, atto a propiziare possenti investimenti, se è
condotta appropriatamente: ma non certo tali da rovesciare le sorti dei
nostri Sistemi (occidentali). Invece con
l’applicazione delle “pompe prementi” si può portare lo sviluppo a qualsiasi
livello si desideri, un livello che sia ovviamente compatibile con le
conoscenze tecnologiche, con le risorse materiali ed umane disponibili e,
come appena detto, con la salvaguardia dell’ambiente. Prima di
delineare il rimedio, dobbiamo porci una domanda estremamente importante:
perché il cosiddetto keynesismo, praticato per molto tempo in tutto il
mondo occidentale con risultati non troppo appariscenti ma decorosi, non
funziona più? L’indagine
ci darà una risposta che, vista dal versante appropriato, dimostrerà che la
perdita di potenza del keynesismo è un attestato della gran forza intrinseca
della nostra economia, e ci darà i mezzi per conquistare la meta. |
<<< Precedente Indice Successivo >>> |