IL MOTORE PRIMARIO DEL CAPITALISMO Dopo la
seconda guerra mondiale il Capitalismo fioriva in un solo Paese, ed era molto
cambiato. Non
poteva sostentarsi soltanto sulle esportazioni (verso l’Estero o verso la
Società agricola interna preesistente) perché le risorse che era possibile
acquisire attraverso tali strade, già insufficienti nel 1929, erano ancora
più piccole a fronte dell’enorme dimensione cui la guerra aveva condotto
l’apparato produttivo, il quale d’altra parte aveva una tassativa necessità
di essere riconvertito a scopi civili. Il
grande sviluppo si poteva ottenere soltanto dal mercato interno e
soprattutto, in conseguenza della crisi edipica, il Capitalismo doveva
cercare i propri consumatori tra coloro che esso stesso finanziava, ossia gli
imprenditori e i propri stessi dipendenti, diretti o mediati attraverso le
imposte e gli enti pubblici: tutte queste persone le chiameremo, in breve, consumatori
interni. Dover
vendere soprattutto ai consumatori interni è la caratteristica del
Capitalismo che possiamo chiamare adulto, il quale non può schiacciare
i suoi addetti con la stessa forza esercitata prima della crisi, perché essi
comunque debbono avere abbastanza denaro da poter comprare la quota
profittabile della produzione. Il
Capitale poteva crescere soltanto se costoro avessero assorbito una quantità
di produzione sufficiente a motivare una prospettiva di ampliamento degli impianti,
e pertanto era necessario che sul mercato fosse disponibile per gli acquisti di
merci di consumo più denaro spendibile di quanto fosse il prezzo di costo
totale delle merci prodotte, incrementato di certi margini di profitto che
neanch’essi sono casuali. In altre
parole, ogni anno il Capitalismo doveva spendere nel
mercato più denaro di quanto ne ricavasse; questa apparente
contraddizione, che a lungo termine è una contraddizione effettiva,
caratterizza il grande sviluppo del Capitalismo e del Capitale fino alla fine
degli anni ’80. In
realtà nel medio termine la contraddizione si risolve empiricamente per
ragioni tecniche: l’impresa acquista sia Capitale fisso (impianti, macchine,
stabilimenti, scorte circolanti) sia Capitale circolante, cioè merci destinate
ad essere incorporate nella produzione, compresa la manodopera. Il costo
del Capitale fisso non deve essere recuperato immediatamente, ma si
ammortizza in più anni: quindi quando l’impresa investe essa immette nel
mercato più denaro di quanto ne incassa, e ciò fertilizza o – se si
preferisce – finanzia il Sistema. Naturalmente
negli anni successivi l’impresa deve recuperare gradualmente il costo del
Capitale fisso, man mano che si logora, cosicché in questi anni essa incassa
più denaro di quanto ne spenda. Il
Sistema può funzionare soltanto se ogni anno le imprese nel loro complesso investono
in Capitale fisso più denaro di quanto ne serve per il recupero del Capitale
fisso preesistente: questo meccanismo è il motore primario del Capitalismo adulto
ed in esso, se così si può dire, consiste il suo corretto metabolismo il
quale, evidentemente, è un metabolismo di crescita. Esso ha
contribuito a sostenere lo sviluppo dell’economia moderna per molto tempo,
dagli inizi dell’industrializzazione (intorno al 1750) alla fine degli anni
’80 del ventesimo secolo: dal secondo dopoguerra, per essere scomparsa o
divenuta a sua volta capitalistica l’economia agricola, è diventato di gran
lunga il propulsore principale. Da un punto di vista matematico un siffatto meccanismo è
impossibile a lungo termine, a meno che il mercato che circonda l’impresa sia
infinito. |
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