CONCLUSIONE

Ci siamo posti l’obiettivo di far espandere grandemente la nostra economia (in termini di PIL) senza far ricorso al debito pubblico ed anzi in condizioni di perfetto pareggio del Bilancio dello Stato.

Per prima cosa è stato necessario acquisire l’energia richiesta dal nostro progetto: e qui, in dissenso rispetto all’uso comune, non abbiamo fatto ricorso ad energia finanziaria ma a risorse puramente concrete e materiali, quali sono i beni ed i servizi che derivano dal portare all’esistenza una parte della produzione latente statica.

Questo è stato il punto di svolta che contrassegna la nostra metodologia.

Si è trattato, senza dubbio, di un’operazione forzosa, ma non più delle azioni contrarie al mercato puro che si mettono in atto ogni giorno; non è meno forzoso il ricorso sistematico al disavanzo dello Stato, il quale aggrava vanamente di debiti e di interessi le generazioni presenti e future senza alcun concorso esplicito della loro volontà, e non allo scopo di risolvere i problemi, ma soltanto di rinviarli.

Abbiamo scoperto che le risorse cui si può accedere per mezzo della nuova strada sono almeno 5 o 6 volte più grandi rispetto all’alternativa e, a differenza di quelle finanziarie, non producono indebitamento, non si debbono restituire a nessuno, non generano interessi né inflazione e soprattutto inducono immediatamente, per definizione, produzione aggiuntiva reale.

Inoltre, poiché consistono nella produzione effettiva di beni e servizi, non hanno carattere illusorio e corrispondono ad un reale incremento del reddito oggettivo, non alla semplice speranza che facciamo derivare dall’attrito di un fiume di denaro che scorra lungo le mura dell’economia.

Abbiamo visto che la semplice chiamata all’esistenza di una tale massa di ricchezza ha fatto crescere il PIL esattamente nella stessa misura.

Si tratta, come s’è già detto, di pura crescita beta ma non può essere altrimenti: nell’intero Occidente sviluppato non è immaginabile, nel presente frangente storico, alcun diverso tipo di crescita.

Le obiezioni a questa affermazione non riusciranno a raggiungere il rango di ragionamenti scientifici: possono bensì avere radici ideologiche profonde, e possono persino giungere ad un grado tanto estremo da dover essere addirittura classificate come religiose, e finire con il ripiegarsi nel fanatismo a suo luogo deprecato, ma nessun fatto positivo le confermerà.

Se le Società occidentali vorranno difendere i loro dogmi a costo di affrontare il martirio, tutti noi saremo costretti a seguirne il destino: ma a medio termine ciò implica sudditanza economica e subito dopo, inevitabilmente, militare.

Molte Società retrive furono costrette ad aprire le porte all’industrializzazione per evitare di divenire preda dei Paesi industrializzati; il passaggio obbligato di oggi (il volto contemporaneo dell’industrializzazione) è il denaro sintetico, in tutte le sue forme.

Per parte nostra sosteniamo che nel mondo è possibile arricchire o mediante la produzione di beni capitali, o mediante la produzione di merci di consumo: arricchire senza né l’una né l’altra, invece, non si può.

Ed i beni capitali non si possono produrre se non allo scopo di utilizzarli.

Con la nostra azione si è dato corso ad un’espansione del mercato preesistente, senza interferenze immediate con esso: in effetti la produzione preesistente rimane invariata ed il denaro presente sul mercato a fronte di essa rimane anch’esso invariato.

Anzi il denaro in circolazione tende ad aumentare perché sarà necessario porre in atto incentivazioni a spendere per intero il reddito disponibile (fatte salve alcune precauzioni di natura assicurativa o a favore dell’accumulazione finalizzata).

Perciò le imprese troveranno sul mercato tutto il denaro ch’era disponibile prima, a fronte della medesima produzione: le merci derivanti dalla produzione latente si affiancano a queste e troveranno davanti a sé il denaro ad esse destinato, corrispondente al loro valore, nella forma sintetica.

Grazie alla disponibilità della nuova massa di merce, ci è stato possibile spenderla per raggiungere i nostri scopi.

Una parte per elevare il livello di vita di alcune porzioni particolarmente deboli della popolazione che non possano lavorare di più per migliorare la propria condizione (pensionati a livello di miseria, lavoratori eccessivamente sottopagati).

Un’altra porzione della produzione latente l’abbiamo spesa per rilevare le imprese dai pesantissimi oneri contributivi, e dare nel contempo una pensione conveniente per valore (e per età) a coloro che abbiano lavorato sufficientemente; le pensioni sono l’esempio massimo di un’azione proibitiva per via finanziaria, semplicissima per via economica.

Infine abbiamo indirizzato l’ultima porzione di denaro sintetico ad attuare tre cose tutte positive, le quali non soltanto possono benissimo stare insieme, ma ciascuna di esse è addirittura conseguenza e presupposto delle altre.

Infatti il lavoro non è un inutile articolo di lusso che si deve acquistare a caro prezzo per amore della pace sociale, ma la fonte di ogni reddito: e se un certo numero di persone disoccupate lavora, esse – posti in atto i necessari, ferrei controlli – producono un adeguato reddito per sé stesse e per gli altri.

Il nostro compito è stato di occupare il massimo numero di persone compatibilmente con le risorse materiali a disposizione (la produzione latente statica non ancora utilizzata).

E mediante l’opera di costoro (con vari gradi di specializzazione) fornire al pubblico una grandissima espansione dei servizi sociali e realizzare una quantità immensa di opere pubbliche minori, le quali hanno un impatto risolutivo sulla percezione della qualità della Società circostante.

Se si segue fino in fondo la strada indicata i fattori limitativi della ricchezza economica si riducono, come è giusto, a quelli essenziali: la quantità di manodopera esistente, la tecnologia disponibile, l’impatto ambientale.

Il denaro, che può essere prodotto per via sintetica nelle varie forme necessarie, non è più la risorsa scarsa che condiziona ogni attività.

L’interesse nazionale consiste nel lasciare invariata la prima componente, potenziare la seconda, ridurre la terza.

 

Siamo giunti alla fine di questa piccola trattazione, che può essere ampliata soltanto attraverso lo studio approfondito di tutto ciò che qui abbiamo appena sfiorato.

Il lettore che è arrivato fino a questo punto dovrebbe aver chiarito, in primo luogo a sé stesso, i termini della questione.

Se ciò non è avvenuto, il torto andrebbe forse diviso in due parti non uguali: la maggiore a carico di chi ha scritto queste pagine, perché nonostante tanto sforzo non gli è riuscito di esprimersi in maniera da farsi capire, la minore a carico del lettore, che non ha voluto andare a fondo di una questione che interessa al livello più alto la vita futura dell’intera cittadinanza, e soprattutto della gioventù.

Ma i fatti, per accadere, non hanno bisogno di leggere e di condividere nessun articolo: essi andranno avanti per la loro strada e sentiranno soltanto le ragioni di chi ha ragione.

Chi avesse reale necessità di un contatto a fini di consenso o di critica (in senso strettamente scientifico) può scrivere una e-mail all’indirizzo: 2020A@checosafare.it.

Chi condivide, almeno in parte, le idee qui accennate è pregato di fare il possibile per diffonderle verso altri lettori, perché viviamo in una Società poco o punto propensa ad ascoltare ed ancor meno ad innovare.

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