CAUSA DELLA CRISI

Il Sistema capitalistico, nel quale viviamo, trae il suo nome dal Capitale, che deve intendersi in senso materiale, non monetario.

Capitale è l’attrezzatura necessaria per esplicare al meglio la produzione in quantità, prezzo, qualità (secondo i criteri del mercato).

Il Capitale consiste di macchine, stabilimenti, scorte di materiali, impianti, infrastrutture, metodologie produttive ed organizzative: il denaro è necessario, ma in quanto mezzo per acquisire tutto ciò.

Due sono i principali problemi legati al Capitale: la sua costruzione, detta generalmente accumulazione, e la sua utilizzazione, che è la produzione vera e propria delle merci consumabili (con la parola merce qui intendiamo indifferentemente beni materiali e servizi).

Quando il capitale è scarso, relativamente al suo mercato, esso opera nelle condizioni soggettive più favorevoli.

Se il suo mercato non è troppo povero, e non è oggetto di predazione esterna, il capitalismo trova spontaneamente il mezzo di mantenere la domanda alquanto superiore all’offerta, e il dislivello domanda-offerta costituisce ciò che nel testo chiameremo motore primario del capitalismo.

Quando il Capitale è scarso esso riesce a stimolare con successo sia la sua accumulazione sia la sua utilizzazione.

Tuttavia il Capitale non può essere costruito, quale una piramide o un’altra opera d’arte, come fine a se stesso: esso è sempre prodotto per essere utilizzato, e quindi, in ultima analisi, deve sempre esistere una domanda finale che richieda, direttamente o anche indirettamente, il suo servizio.

Fino ad anni recenti (per esempio gli anni ’60 o ’70 del novecento) il capitale era scarso dappertutto, e inoltre l’industria, ancorché grande, funzionava ancora con logica prevalentemente manifatturiera.

Un piccolo aumento della produzione induceva sovente una piccola crescita del capitale ed un certo aumento dei posti di lavoro: il Capitale, pur intrinsecamente discontinuo, manifestava molti aspetti di semi-continuità, cosicché i famosissimi moltiplicatori operavano ampiamente.

Con il progredire della tecnologia, e l’ingresso massiccio dell’automazione (dovuto soprattutto, ma non soltanto, alle macchine digitali) gli impianti hanno acquistato capacità produttive molto grandi (anche nelle piccole imprese) e non c’è più, in molti casi, un legame immediato tra la quantità di produzione e la quantità di manodopera.

Il capitale accentuò grandissimamente la sua discontinuità, cosicché un’impresa, per crescere, doveva compiere vistosi salti non solo di quantità ma di qualità, anche metodologica ed organizzativa.

Compiuto il balzo, l’impresa era in grado di affrontare per molto tempo qualsiasi crescita della domanda senza ulteriore necessità di crescere essa stessa.

Quando alla fine degli anni ’80 tutte (o la maggior parte) delle imprese pervennero a tale livello, quasi nessuno dei loro capitali aveva bisogno di crescere nel breve termine.

Ma se il Capitale non è scarso, e quindi non è costretto a crescere, cade il dislivello domanda-offerta, ed il capitalismo definanzia non soltanto l’accumulazione del Capitale futuro, ma anche e soprattutto l’utilizzazione del Capitale disponibile.

La minore utilizzazione rese ancora meno scarsi i capitali esistenti.

La nostra presente crisi è dovuta al corretto funzionamento del Sistema stesso, e sotto l’aspetto logico è strettamente simile a ciò che avviene agli esseri viventi, che raggiunta l’età adulta vedono fermarsi automaticamente i propri meccanismi di crescita.

La crisi metabolica è dovuta alla natura intrinsecamente discontinua del capitale ed alla potenza raggiunta dalle tecnologie produttive, le quali permettono di dotarsi agevolmente di capitali largamente sufficienti rispetto alle capacità di assorbimento (anche assolute) del mercato.

La crisi metabolica appare, fino a dimostrazione del contrario, irreversibile.

I nostri imprenditori (in tutto il mondo sviluppato) rifiutano le medicine che potrebbero curare (almeno per la parte possibile) i loro mali e non hanno alcun interesse né per il Capitale, né per la produzione, né per l’ambiente né per il popolo né, forse, per se stessi.

Come i bambini di Lucrezio, vogliono soltanto essere sommersi di dolciumi, sotto forma di denaro che non possono e non vogliono utilizzare ma soltanto prestare a qualcun altro (con grande rischio della vita stessa, del Sistema e loro propria).

<<< Precedente                            Successivo >>>