I VERI NEMICI DI NOI STESSI

Se qualcuno produce un piccolo graffio alla vostra automobile, o vi arreca cento euro di danno, subito diventate furiosi e, come si dice, insorgete.

Se invece qualcuno si porta via la vostra vita, non vi sforzate neanche di capire se ciò è veramente necessario, perché accade, quali sono le forze in gioco: alzate le spalle e chinate il capo.

A volte persino applaudite chi vi uccide, e gli portate il vostro voto ossequiosamente, con entusiasmo e fiducia.

Quando fate così realizzate la peggiore tra le democrazie, quella che sin dai tempi più antichi sostiene la sua mole con quattro formidabili pilastri: l’ignoranza, la disinformazione, la dolcezza della menzogna, la perdita della memoria.

Al Popolo, purtroppo, la menzogna piace, perché dice le cose gradevoli che vorrebbe fossero vere; divora avidamente la disinformazione, perché redatta in forma seducente; dimentica sempre tutti gli inganni che ha subito in passato, lasciandosi derubare della propria esperienza.

 

Voi vivete in una Società che ha a sua disposizione i più potenti strumenti produttivi mai veduti nella Storia; tuttavia le fabbriche o non ci sono affatto o sono ferme, e molti pur volendo lavorare non possono.

Il Potere tiene i giovani in ozio ed i vecchi al lavoro, e chi lavora è costretto a vivere nell’immediata prossimità della fame; vi dicono che così deve essere, così si fa, che è tecnicamente necessario fare così, che questa è la legge del Mercato.

Questo vale, più o meno, nell’intero Occidente ed anche in Giappone: ci sono differenze significative tra i vari Paesi, ma sono secondarie rispetto ai problemi strutturali, che sono i medesimi.

Certamente l’Italia va peggio di molti altri; sta come chi abbia un braccio rotto durante un’epidemia di peste bubbonica: vive peggio e soffre più degli altri, ma è altrettanto vicina alla morte, non più.

 

Quel che vi dicono, fortunatamente, è falso: il Mercato non ha alcuna intenzione di affamarvi, e le fabbriche non hanno alcuna predilezione per lo star ferme, né i vecchi per lavorare o i giovani per l’ozio.

E neanche le classi dirigenti attuali sono troppo più inette di quelle che governavano ai tempi della prosperità: semplicemente sono rimaste indietro e non riescono ad interpretare la stupenda macchina che l’evoluzione tecnologica ed il flusso della Storia hanno messo nelle loro mani.

Il nostro vero problema è che tentiamo (in tutto l’Occidente, a cominciare dagli Stati Uniti d’America) di governare una situazione moderna con metodi arcaici; la causa dei nostri mali è qualcosa che supera i sogni più sfrenati dei più accesi utopisti: abbiamo a disposizione una sconfinata capacità produttiva, che sta ai nostri piedi; ma noi non la sappiamo utilizzare.

 

Non sarebbe possibile, naturalmente, che per puro caso tutti i Paesi più ricchi, ed essi soli, siano caduti in balia di una crisi tremenda, e non riescano a vivere senza indebitarsi di continuo, ed anche così vivano estremamente male; non è per caso che tutte le massime Potenze industriali sono ridotte all’accattonaggio, dovendo piatire ogni giorno dai cosiddetti mercati il denaro che serve alla loro stentata sopravvivenza.

C’è qualcosa di essenziale che si è guastato nel funzionamento delle loro economie, qualcosa di smisurato, avente natura storica; lo scopo di questo documento è individuare questa forza (ch’è anche la causa prima della crisi o delle crisi che ci opprimono) e renderla chiaramente comprensibile a tutti.

È insensato formulare previsioni rispetto ai tempi necessari per uscire dalla crisi se non si è riusciti a penetrarne il meccanismo, cosa che gli economisti (in parte deliberatamente, in parte per difetto d’ingegno) si rifiutano di fare.

I 5 anni della signora Merkel non sono meno comici delle lucine del prof. Monti: da questa crisi si esce subito (o, meglio, nel tempo tecnico strettamente necessario) se si possiede la soluzione; mai se non si possiede.

 

In conseguenza di questi ragionamenti, se avete a cuore il vostro futuro, dovete cercare di capire, tutti voi, che cosa precisamente accade ai nostri giorni.